giovedì 31 dicembre 2009

Buon Compleanno Henri Matisse (31/12/1869)



«In arte ciò che importa sono soprattutto i rapporti tra le cose. La ricerca del possesso della luce e dello spazio vissuti mi dava la voglia di trovare uno spazio e una luce diversi, che mi consentissero di afferrare più profondamente quello spazio e quella luce nei quali appunto vivevo, non foss’altro che per prendere coscienza di questi ultimi.»
Da Scritti e pensieri sull’arte



La stanza rossa

«I miei colori dominanti, invece di essere sostenuti e valorizzati dai contrasti , erano in realtà divorati dai contrasti…questo mi convinse a dipingere a tinte piatte: questo fu il Fauvismo»



Odalisca



Icaro


Nota:
Esponente dei Fauves, sviluppa una pittura equilibrata dal punto di vista dell'espressione emotiva, in cui entrano il gusto per la decorazione, il fascino orientaleggiante e un raffinato linearismo.


(as)

Buon Compleanno Giovanni Pascoli (31/12/1885)


«È dentro noi un fanciullino che non solo ha brividi, come credeva Cebes Tebano che primo in sé lo scoperse, ma lagrime ancora e tripudi suoi. Quando la nostra età è tuttavia tenera, egli confonde la sua voce con la nostra, e dei due fanciulli che ruzzano e contendono tra loro, e, insieme sempre, temono sperano godono piangono, si sente un palpito solo, uno strillare e un guaire solo. Ma quindi noi cresciamo, ed egli resta piccolo; [...]E se uno avesse a dipingere Omero, lo dovrebbe figurare vecchio e cieco, condotto per mano da un fanciullino, che parlasse sempre guardando torno torno. Da un fanciullino o da una fanciulla: dal dio o dall'iddia: dal dio che sementò nei precordi di Femio quelle tante canzoni, o dell'iddia cui si rivolge il cieco aedo di Achille e di Odisseo »

(da Il Fanciullino)



«Tu sei ancora in presenza del mondo novello, e adoperi a significarlo la novella parola. Il mondo nasce per ognun che nasce al mondo. E in ciò è il mistero della tua essenza e della tua funzione. Tu sei antichissimo, o fanciullo! E vecchissimo è il mondo che tu vedi nuovamente! E primitivo il ritmo (non questo o quello, ma il ritmo in generale) col quale tu, in certo modo, lo culli o lo danzi! Come sono stolti quelli che vogliono ribellarsi o all'una o all'altra di queste due necessità, che paiono cozzare tra loro: veder nuovo e veder da antico, e dire ciò che non s'è mai detto e dirlo come sempre si è detto e si dirà! »

(da Il Fanciullino)


«Il poeta è poeta, non oratore o predicatore, non filosofo, non istorico, non maestro, non tribuno o demagogo, non uomo di stato o di corte. E nemmeno è, sia con pace del maestro, un artiere che foggi spada e scudi e vomeri; e nemmeno, con pace di tanti altri, un artista che nielli e ceselli l'oro che altri gli porga. A costituire il poeta vale infinitamente più il suo sentimento e la sua visione, che il modo col quale agli altri trasmette l'uno e l'altra. Egli, anzi, quando li trasmette, pur essendo in cospetto d'un pubblico, parla piuttosto tra sé, che a quello. Del pubblico, non pare che si accorga. Parla forte (ma non tanto!) più per udir meglio esso, che per farsi intendere da altrui.»

(da Il Fanciullino)



Nota

Giovanni Pascoli è uno dei poeti italiani più conosciuti: le sue poesie sono note a tutti, fin dall'età dell'infanzia. Questo ha portato a sottovalutare il messaggio pascoliano e la poetica che sta dietro alle sue onomatopee e rime facili. Nato durante la metà del XIX secolo, la sua formazione si costruisce a Bologna, dove, allievo di Carducci, si consacra al classicismo e a un tipo di critica letteraria che va a braccetto con il positivismo. (Famosa la critica che lui stesso muove a Leopardi per il verso scientificamente errato “quel mazzolin di rose e viole”) Ai margini degli studi veri e propri Pascoli recepisce gli echi del mito dell'infanzia di Rousseau. Figlio del suo tempo, è un poeta dalla sensibilità decadente che esaspera la propria vicenda personale utilizzandola in tutta la sua opera, rinnovando così la poesia, inserendo temi fino a quel momento trascurati. L'utilizzo di un linguaggio pregrammaticale (Contini) rappresenta la volontà di attingere all'ignoto. Il fanciullino, e quindi la poesia stessa, non è altro che un modo per esorcizzare la morte. Dietro il mito del “nido” che tutti crediamo di conoscere quando parliamo di Pascoli, c'è un significato molto più profondo e complicato di quanto si possa credere.


(rb)

mercoledì 30 dicembre 2009

Buon Compleanno Patti Smith (30/12/1946)


∞Ci sono degli 8, segni dell’infinito, adornano la nostra cronologia.
Cosa significa tutto quanto. Dove dobbiamo andare.
In quale mare dovremmo dormire, e dovremmo, dando tutti una mano,
svegliarci in un campo di girasoli neri, totalmente perplessi, a capo scoperto e liberi.

L’aria è carica di semi. Com’è fertile il vento.
Cosa dobbiamo seminare. Conoscere l’aria è conoscere lo spirito.
È articolare le domande, polverizzare le risposte.

Il sognatore si sta alzando ed esamina il lungo campo.
E le nuvole, come otto impazziti, galleggiano orizzontali.
E le sue mani, che sorreggono, anche così pacificamente, così tanto potere.

∞ La Gente Ha Il Potere ∞


[ da Dream of Life, 1988 ]



Il senso della vita
Il mio primo senso della vita fu il movimento, l’essere sollevata, e il battito del cuore di mia madre. Dopo, sotto la spinta della coscienza, mi volsi alla radiosità della mente di mio padre. Quando chiudevo gli occhi potevo sentire il mondo ruotare. Quando raggiunsi l’esterno potevo sentire il respiro delle cure. Il loro amore, il loro ardore, le loro preghiere discordanti erano legate al mio sangue, mi scorrevano nelle vene.
Ma il tempo ci rende famelici e presto, così almeno sembrava, scappai dalla loro stretta. Il mare era vetro. Il cielo un incommensurabile sentiero.
Guidata dalla loro conoscenza viaggiavo nuda, libera. E come tutti prima di me, ho domandato, grata per il privilegio di poter rispondere: Qual è il mio compito? Perché esistiamo? Tutte le risposte causano il dolore del riconoscimento, del vuoto e della gioia.

Pregare nel silenzio, sopportare l’alba,
Inchinarsi davanti a Dio, dispensare grazia,
Svelare lo spazio, esser fatti sparire,
Sollevare un bambino
Nell’aria regnante
Dove la voce celeste
Canta come un uccello.


[da More Reflections on The Meaning Of Life, 1992]

Dies Irae
Oh amato tale è
La tua collera, la tua collera è tale che
Questi piedi, questi piedi ardenti
Si muovono sulla tua collera
Pregano te nella loro danza
Senza distendersi
La tua collera si è
Consumata nella fiamma
Della vita dell’amore
Possa la tua rabbia
Essere lenta, dolce
Possa dissiparsi
Non si levino le tue sacre mani
Contro di me
Accogli le mie braccia ardenti
La mia veste errante
Nella tua verità
Nel tuo
Trasparente
Seno

[da Les Nouvelles Polyphonies Corses – In Paradisu, 1996]


Nota
Poetessa maudite, punkette ardente di misticismo, capofila della new wave: la sfaccettata personalità di Patti Smith ha segnato in maniera indelebile il mondo musicale. Originaria di Chicago e cresciuta nel New Jersey, nel 1967 Patricia Lee Smith approda a New York; qui inizia a lavorare come critico musicale e drammaturgo mentre continua a dedicarsi alla sua passione più grande, la poesia. “Non considero la scrittura un gesto silenzioso, nascosto. Lo considero un gesto realmente fisico. Quando sono a casa alla macchina da scrivere divento pazza. Mi muovo come una scimmia.”; e proprio questo fervore, questa passione emergono già dalle prime recitazioni delle sue poesie, durante le quali la voce di Patti è accompagnata solo dalla chitarra di Lanny Kaye.
Se il primo singolo “Hey Joe/Piss Factory” è considerato il punto d’inizio della new wave americana, è con il primo album “Horses” che la carica innovativa della Smith erompe con forza sulla scena artistica internazionale. Ci si trova di fronte ad un nuovo linguaggio, che fonde potenza vocale, recitativa e musicale. Sul piano prettamente musicale le influenze maggiori derivano dalle improvvisazioni del jazz, dall’energia dissacrante del punk e dai ritmi reggae; sul piano della scrittura, invece, i riferimenti più frequenti sono alla Beat Generation di Kerouac e Ginsberg e alla poesia di Arthur Rimbaud (cui è dedicato l’album Radio Ethiopia).
Le due anime di Patti Smith, quella ribelle e feroce e quella più cupa e solenne, si rispecchiano ad arte nel suo modo di cantare, ora urlato, ora sussurrato, che apre la strada ad una nuova concezione del canto che dice addio ai soavi virtuosismi del passato.
Se con il passare del tempo la carica rivoluzionaria delle sue creazioni ha subito un naturale affievolimento, lo stesso non è accaduto per il carisma e l’energia che Patti Smith continua a regalare.
«È capace di generare più intensità con un solo movimento della mano di quella che la maggior parte degli artisti rock saprebbero riprodurre nel corso di un intero concerto».
(Charles Shaar Murray)


(mm)

Buon Compleanno Rudyard Kipling (30/12/1865)


La strada nel bosco

Chiusero la strada lì nel bosco
già una settantina d'anni fa,
maltempo e piogge l'hanno cassata,
ed ora non potresti mai dire
che c'era un tempo una strada lì nel bosco
prima ancora che piantassero gli alberi.
Starà sotto la macchia e sotto l'erica,
o sotto gli esili anemoni.
Solo il custode riesce a vedere
che dove cova la palombella
e i tassi ruzzolano a loro agio
c'era un tempo una strada lì nel bosco.

Pure, se nel bosco ti inoltri
in una tarda sera d'estate, quando fa
la brezza freschi i laghetti guizzanti di trote,
dove la lontra fischia al compagno
(non temono gli uomini nel bosco
poiché ne vedono ben pochi),
udrai lo scalpitio di un cavallo
e il frusciar di una gonna sulla rugiada,
un galoppo fermo e persistente
attraverso quelle nebbiose solitudini:
quasi che perfettamente conoscessero
l'antica perduta strada lì nel bosco...
Ma non c'è nessuna strada lì nel bosco!


Città e potenze e troni

Città e potenze e troni
Stanno sotto l'occhio del tempo,
Quasi quanto i fiori,
Che giornalmente muoiono:
Ma, come spuntano gemme novelle
Per rallegrare altri uomini,
Così dalla terra esausta e dimenticata
Risorgono le città

Il narciso di questa stagione,
Non viene mai a sapere
Quale mutamento, caso, gelo
Stroncasse quelli dell'anno passato;
Ma con audace aspetto
E conoscenza poca,
La sua durata di sette giorni
Pensa perpetua.

Così il tempo, generoso oltre ogni segno
Con tutto ciò che esiste,
Ci fa altrettanto ciechi
E audaci che il narciso:
E nella morte stessa,
E sepoltura certa,
Ombra a ombra, ben persuasa, dice:
« Vedi l'opera nostra come dura! ».


Da Un dragamine al largo di Taranto

Discese dal ventoso Nord con la nave e i compagni,
In cerca di uova mortali deposte da scafi invisibili:
Ne trovò e ne estrasse molte. La pesca finì di botto
Tra le fiamme e un boato noto ai gabbiani attenti.



«La nebbia dell'Atlantico entrava nella sala da fumo. La grande nave rullava e si innalzava sulle onde, mentre l'ululato della sirena avvertiva la flottiglia da pesca di tenersi al largo.
– Quel ragazzo dei Cheyne è la creatura più odiosa che ci sia a bordo! – disse un passeggero dando un colpo alla porta per chiuderla.
Un tedesco dai capelli grii prese un panino imbottito e brontolò mentre masticava: – Conosco questi tipetti: l'America ne è piena. Dovreste importare delle fruste senza far pagare la dogana!»


Incipit di Capitani coraggiosi

Nota:

Anima letteraria del colonialismo britannico, nacque infatti a Bombay, l’attuale Mumbai, e oggi principalmente conosciuto per Il libro della giungla. Fu autore complesso e variegato, ben oltre i termini patriota e sostenitore dell’impero che spesso vorrebbero esaurirne la ragioni di letterato. Eretico o meno, come amava scrivere Chesterton, resta tuttavia un autore dall’indubbia capacità immaginifica, non a caso punto di riferimento per quella che sarebbe stata la nascente fantascienza americana dei tempi di Campbell.


«La sua ricca produzione di racconti fantastici ancora oggi è capace di toccare nell'animo lettori giovani e adulti. Il gusto dell'avventura, il fascino dell'ignoto, la nostalgia di sogni infantili, la scienza e la magia, il fatalismo orientale, la natura selvaggia e la poesia di Kipling fanno riscoprire un senso di genuinità perduta.

Joseph Rudyard Kipling nasce a Bombay, India, il 30 dicembre 1865, da genitori inglesi. Il padre John Lockwood Kipling era curatore del Museo di Lahore, nella regione del Punjab, ed insegnante di scultura architettonica: da lui il futuro scrittore erediterà quel discreto talento di disegnatore che avrebbe poi usato per illustrare alcune delle sue storie; la madre, Alice Macdonald, proveniva da una famiglia dell'alta borghesia».


Da Biografieonline


« “Rudyard Kipling è un compiuto maestro in quella lieve malinconia con cui un uomo guarda ai suoi trascorsi di cittadino di molte comunità, di quella lieve malinconia con cui un uomo guarda ai suoi trascorsi di amante di molte donne. Egli è il corteggiatore delle nazioni. Ma un uomo può avere imparato molto sulle donne dalle sue avventure, e ignorare tuttavia il primo amore; un uomo può avere conosciuto molte terre come Ulisse, e ignorare tuttavia il patriottismo”.
La battuta di Chesterton è folgorante quanto mai intempestiva: apparsa nel capitolo dedicato a Kipling del suo saggio Eretici nel 1905, porta la stessa data della raccolta Puck of the Pook’s Hill, una serie di racconti “inglesissimi” del famoso scrittore anglo-indiano che sembrano proprio essere la risposta a quell’accusa. Chesterton lo aveva inserito nella lista degli “eretici”...»


Da Railibro


(rrb)

Buon Compleanno Paolo Villaggio (30/12/1932)


«“Patria, sì…patria”, continuò Socrate, “un concetto molto vago, astratto. Con la parola patria, chi scatena le guerre vuole solo difendere i propri interessi commerciali. Sto parlando dei produttori di olio d’oliva, dei commercianti di pesce sotto sale, o di vino scadente che sa di resina. Sa, la resina costa meno, ma il vino fa schifo. Eppure, dai e dai, hanno convinto tutti che quel vino è il più adatto per ogni occasione. Questi signori sono accomunati da una grande mancanza di cultura e di curiosità, non leggono e sono stupidi, volgari e ignoranti.»
«”Voi capite”, continuava Savonarola, “che solo i ricchi possono comprarsi grandi fette di Purgatorio. I poveri, dopo morti, o passano lunghi periodi in posti di merda, senza luce, senza riscaldamento e con cibi scadenti, o vengono buttati nel Limbo come cani rognosi!”
“Ma cos’è questo Limbo? E com’è fatto?” gli chiese una volta un popolano.
“Sono sincero: non lo so neppure io e non conosco nessuno che ci sia andato a finire, ma da pettegolezzi a livelli molto bassi pare che sia un posto di una noia mortale.”»
«Purtroppo, è facile prevedere che una nuova terribile, invisibile e subdola forma di dittatura ci porterà in pochi anni a quella comoda condizione della assoluta mancanza di libertà di pensiero. Forse saremo più felici, ma vivremo incatenati in lunghe file a costruire le nuove piramidi. »
Da Storia della libertà di pensiero, 2008


«C’è qualcosa che la commuove dell’italiano di oggi?
La cialtroneria. Ma in realtà più che commuovermi mi fa orrore. Siamo e rimarremo sempre inaffidabili e ipocriti. Mi commuove vedere che siamo sempre gli ultimi e ci stupiamo ancora che Bush non ci invita alle riunioni con le grandi potenze. Ho sentito alcuni dire che riusciremo a combattere il terrorismo perché siamo riusciti a combattere la Mafia. Mi commuove ma mi fa anche arrabbiare. Sentimenti contrastanti direi, non proprio commozione. »
Da un’intervista di Valeria Chiari

Nota:
Famosissimo nelle vesti dell’ing. Fantozzi, lo è meno in quelle da giornalista e scrittore, ruoli attraverso il quale ci dà la conferma della sua pungente intelligenza e grande capacità di ironia, che poco scade nel banale.
(as)

martedì 29 dicembre 2009

Buon Compleanno Barbara Steele (29/12/1938)







Nota:

«Indubbiamente l'icona del cinema Gotico Horror Italiano degli anni 60', è entrata nella leggenda interpretando alcuni tra i più bei film prodotti in Italia ed in Inghilterra di questo genere cinematografico. Film che sono diventati "opere di culto", con migliaia di appassionati che seguono rassegne, festival e simposi tenuti nelle Università di mezzo mondo, accompagnati da decine di libri scritti da critici e saggisti tra i maggiori esponenti nel settore.»



www.antoniomargheriti.com



Qualcuno l'ha definita la dama poeiana per eccellenza per questo suo modo sordido e incantevole di essere presenza scenica, bellissima per le sue curve mozzafiato ma allo stesso tempo tremenda e ingannevole. Proprio questa doppiezza gli varrà un duplice ruolo, cosa che accadrà altre volte nella sua carriera, ne La Maschera del Demonio (1960) di Mario Bava. Lavorerà con i grandi registi di genere italiani degli anni 60’ tra cui Antonio Margheriti, il già citato Mario Bava e Riccardo Freda. Grazie a Roger Corman entrerà poi in una dimensione ancora più internazionale con Il pozzo e il pendolo (1961) assieme all’altra grande icona maschile di quegli anni Vincent Price. Indimenticabile la sua apparizione in 8 & 1/2 di Federico Fellini, ma la Steele avrà anche l'onore di tenere a "battesimo" Shivers (1975), al pubblico italiano noto anche come Il demone sotto la pelle, il primo lavoro di grande risonanza di un giovane David Cronenberg. In campo internazionale si cimenterà anche in lavori di Joe Dante, Piranha (1978), e Jonathan Demme, Caged Heat (1974).

lunedì 28 dicembre 2009

Buon Compleanno Manuel Puig (28/12/1932)


«VALENTÍN Io non posso godere e non pensare al domani, perché vivo in funzione di una lotta politica, capisci? Tutto quello che io posso sopportare qui, che è abbastanza…ma che non è niente se pensi alla tortura…che tu non sai cos’è…
MOLINA Però posso immaginarmelo.
VALENTÍN No, non puoi immaginartelo… Be’, io sopporto tutto, perché c’è un piano d’azione. C’è l’importante che è la rivoluzione sociale, e il secondario che sono i piaceri dei sensi. Il piacere più grande è un altro, sapere che sono al servizio di quanto c’è di più nobile, che è…be’…tutte le mie idee…(…)
MOLINA Come, le tue idee?
VALENTÍN I miei ideali…il marxismo. E questo piacere posso sentirlo ovunque, persino in questa cella, e persino sotto tortura. E questa è la mia forza. »

«MOLINA Ma se un uomo…è mio marito, lui deve comandare, per sentirsi bene. È una cosa naturale.
VALENTÍN No, in casa l’uomo e la donna devono essere alla pari. Altrimenti è uno sfruttamento.
MOLINA Così, non c’è gusto.
VALENTÍN Come?
MOLINA Visto che vuoi saperlo…il bello è che quando un uomo ti abbraccia, tu abbia un po’ di paura di lui.
VALENTÍN Chi ti ha ficcato in testa quest’idea? È tutto sbagliato.
MOLINA Ma io lo sento così.
VALENTÍN Tu non lo senti così, ti hanno insegnato a sentirlo così. Per essere donna non è necessario...che so io…essere martire. E non fosse perché deve fare un male del boia ti chiederei di farlo a me, per dimostrarti che essere maschio non dà nessun diritto.»

Da Il bacio della donna ragno, 1984, trad. Angelo Morino

Nota:
Il sogno di Puig era quello di diventare sceneggiatore, di scrivere per il cinema e la TV. Il clima decisamente commerciale di Cinecittà però non si rivelò adatto alle sue aspettative.
Essendo le sue idee politiche di sinistra, e cogliendo i segni di una ondata di destra in America Latina, Puig si trasferisce a New York, dove realizza parte dei suoi lavori, di cui cura le traduzioni.

«Il realismo, per me, va sempre associato a metodi analitici di lavoro, come quelli cui ricorro nei miei romanzi, che siano Il tradimento di Rita Hayworth o Sangue di amor corrisposto. Nel teatro, quello che mi coinvolge di più è scrivere stilizzando. E scrivere stilizzando significa abbandonare il realismo: disegnare metafore, allegorie della realtà, più che sue fedeli rappresentazioni»
Manuel Puig

(as)

domenica 27 dicembre 2009

Buon Compleanno Jospeh Déjacque (27/12/1821)

«Non ho affatto la pretesa di imporre le mie opinioni sugli altri. Non vengo dal nuvoloso Sinai. Non cammino accompagnato da fulmini e tuoni. Non sono stato inviato dall'autocrate di tutto l'universo per rivelare la sua parola ai suoi umili sudditi e pubblicare l'ukase imperiale dei suoi comandamenti. Io vivo nel profondo della società; ho attinto dai pensieri rivoluzionari, e li riverso fuori, squarciando le tenebre. Sono un ricercatore della verità, un corridore del progresso, un sognatore dei lumi. Ambisco alla felicità e ne evoco l’ideale. Se questo ideale vi sorride, fate come me, amatelo. Se trovate in lui dei difetti, correggeteli. Se non vi piace, credete in altro. Io non sono esclusivista, e abbandonerei volentieri il mio per il vostro, se il vostro mi sembrasse più perfetto. Semplicemente, io non vedo che due grandi figure possibili; si può modificarne l’espressione, ma non bisogna cambiarne i tratti: l'assoluta libertà o l'autorità assoluta. Io ho scelto la libertà. L'autorità, è stata vista all’opera, e le sue opere la condannano. È una vecchia prostituta che non ha mai insegnato che depravazione e mai causato che morte. La libertà non si è ancora fatta conoscere che per il suo timido sorriso. È una vergine che il bacio dell’umanità non ha ancora fecondato; ma che l'uomo si lasci sedurre dal suo fascino, dia tutto il suo amore, ed ella partorirà presto generazioni degne del grande nome che porta..»


Da L’umanisfero, 1857



«Sulla Rivoluzione.


Principi:


Libertà, Uguaglianza, Fraternità


Conseguenze:


Abolizione del governo in tutte le sue forme, monarchico o repubblicano, la supremazia di un singolo o di una maggioranza;


Ma l'anarchia, la sovranità individuale, la libertà piena, illimitata, assoluta, di fare tutto, tutto ciò che è nella natura dell'essere umano.


Abolizione della religione, religione cattolica o ebraica, protestante o altre. L'abolizione del clero e dell'altare, del sacerdote - il curato o papa, ministro o rabbino - della divinità, idolo in una o tre persone, l'autocrazia o oligarchia universale;


Ma l'uomo - al tempo stesso creatura e creatore, - non avendo più che la Natura come dio, la scienza per sacerdote e l’umanità per altare.


Abolizione della proprietà individuale, la proprietà della terra, dell’edificio, del laboratorio, della bottega, proprietà di tutti gli strumenti di lavoro, produzione o consumo;


Ma la proprietà collettiva, una e indivisibile, il possesso in comune.


Abolizione della famiglia, la famiglia basata sul matrimonio, sull'autorità paterna e coniugale, sull’eredità;


Ma la grande famiglia umana, la famiglia una e indivisibile come la proprietà.


L'emancipazione della donna, l'emancipazione del bambino.


Infine, l'abolizione del autorità, del privilegio, dell’antagonismo;


Ma la libertà, l'uguaglianza, fraternità incarnate nell’ umanità;


Ma tutte le conseguenze della tripla formula, passate dall’astrazione teorica alla realtà pratica, nel positivismo.


Cioè, l'Armonia, quest’oasi dei nostri sogni, cessando di sfuggire come un miraggio davanti alla carovana di generazioni, liberi a tutti e a ciascuno, sotto l’ombra di fratellanza e nell’unità universale, le fonti della felicità, i frutti della libertà: una vita di delizie, finalmente, dopo un'agonia di oltre diciotto secoli nel deserto di sabbia della civiltà!»


«Sulla Famiglia.

Creazione della religione, la famiglia è il ramo su cui sono stati innestati la proprietà e il potere, il fianco che li ha portati; è la linfa che li alimenta, la mammella che li nutre. Non basta tagliare i rami, bisogna pure sradicare il tronco e strapparne le radici. Non sono soltanto i piccoli che bisogna prendere e sgozzare, è la madre che bisogna stringere fino all’antro e sventrarla, se non vogliamo che l'albero o l'animale ci dia nuova prole.»


«Sulla Religione.

Le religioni hanno questo in comune, che tutti predicano agli oppressi sottomissione al giogo dell'oppressore. Se la spada del soldato fa della moltitudine uno schiavo fisico, il Catechismo del sacerdote- arma ben più pericolosa- ne fa uno schiavo morale.»


Da La questione Rivoluzionaria,1854


http://joseph.dejacque.free.fr/ecrits/ecrits.htm

Traduzione a cura di Asterischi (as)


Nota:
"Operaio-poeta", artista, militante politico e giornalista di area anarchica francese, lungamente in esilio negli USA, ha coniato il termine Libertaire, per contrapposizione a liberale e ha diretto il periodico Le Libertaire, Journal du mouvement social edito a New-York fino al 1861.

Ha indagato la sorte delle moltitudini che stavano ai livelli più bassi della scala sociale, travalicando la visione della lotta di classe marxista, e considerando strati sociali che andavano da quelli originati dallo schiavismo delle piantagioni del sud degli Stati Uniti al proletariato di stampo industriale europeo.


(as)

sabato 26 dicembre 2009

Buon Compleanno Renato Guttuso (26/12/1911)



“La pittura è il mio mestiere. Cioè è il mio mestiere ed il mio modo di avere rapporto con il mondo. Vorrei essere appassionato e semplice, audace e non esagerato. Vorrei arrivare alla totale libertà in arte, libertà che, come nella vita, consiste nella verità."

Renato Guttuso, 1957.


PAESAGGIO

“Dipingere è essere ispirati da ciò che si vede, e si pensa, da ciò che si scopre, può essere un tramonto un albero, un paio di scarpe vecchie o un quadro…"



Fuga dall'Etna



TEATRO



Bozzetto di scena


NATURA MORTA



Fiasco, candela e bollitore


INFLUENZA CUBISTA



Picasso e i suoi personaggi


RITRATTI




Ritratto di Mimise con il cappello rosso


Nota:

Poeta e ancor prima pittore, Renato Guttuso, è uno degli artisti italiani più noti del filone realistico-futurista. Palermitano di nascita, in tutta la sua carriera di pittore, aderisce alle più diverse e nuove correnti artistiche che attecchiscono in Italia negli anni del dopoguerra. Una vita, quella di Guttuso, alla ricerca di una dimora fissa e di una stabilità economica che riesce a trovare solo alla fine della sua carriera: dopo i primi anni di formazione a Palermo, si trasferisce prima a Milano e poi, definitivamente, a Roma. Ma i colori e le immagini del repertorio artistico siciliano rimarranno indelebili in quasi tutte le sue opere, esplicitamente marcate dall’utilizzo del colore caldo, ereditato dalla tradizione meridionale. La pittura paesaggistica, ricca di contenuti realistici, celebra l’incontro tra la fanciullezza spensierata, trascorsa a Palermo, e la maturità romana. Nei paesaggi romani, infatti, l’autore sembra trasferire il calore e i colori della sua Sicilia, senza alterare, però, le immagini di una Roma ormai quasi industriale, lontana da un Mezzogiorno onirico e lontano. Ma sarà il soggiorno a Parigi a dare una svolta alla produzione artistica del pittore palermitano. Nella capitale parigina, infatti, stringerà una forte amicizia con il collega Picasso che spingerà il partigiano Guttuso a recuperare le esperienze artistiche d’oltremare per portarle in un’Italia fascista, ancora impregnata di un futurismo ironico privo di evoluzione. La natura morta e il ritratto sono il risultato di questa collaborazione con l’estero. Inizia un periodo fertile per la sua produzione artistica. Grazie ai numerosi titoli e premi dei quali viene insignito, riesce a collaborare con alcuni fra i teatri italiani più noti, dedicandosi alla creazione della scenografia, e con diverse case editrici per l’illustrazione di opere famose, tra cui la Divina Commedia, edita da Mondadori. Gli ultimi sforzi resteranno incompiuti a causa della morte, ma le sue opere più note sono state raccolte dal figlio negli archivi del Museo Guttuso di Bagheria, cittadina natale.
(mc)

Buon Compleanno Thomas Gray (26/12/1716)



ELEGIA SOPRA UN CIMITERO DI CAMPAGNA

[…]
No, della rozza villereccia gente
le pacifiche ed utili fatiche,
le domestiche gioie e 'l fato oscuro
non dispregiarlo, Ambizion superba;
né sdegni il Fasto con sorriso altero
della semplice e bassa Povertade
gli oscuri sì ma non macchiati annali.
Pari è di tutti il fato: avito ceppo
nella notte de' secoli nascoso,
pompa di gloria e di possanza, e quanto
può ricchezza ottener, donar beltade,
tutto sorprende inevitabil punto,
e ogni via dell'onor guida alla tomba.
Vano mortal, non recar loro ad onta
se su i sepolcri lor trofeo non erge
la pomposa Memoria ove per l'alte
volte dei tempii ripercossa echeggia
canora laude. Ah l'ammirato busto
o l'urna effigiata al primo albergo
può richiamar lo spirito fugace?
Può risvegliar la taciturna polve
voce d'onore? o adulatrice lode
il freddo orecchio lusingar di Morte?
Ma che? negletto in questo angolo oscuro
un cor già pregno di celeste foco
forse è riposto, e qualche man possente
a regger scettro di fiorito impero
o ad avvivar l'armoniosa cetra,
rapitrice dell'anime gentili.
Sol non aprì Dottrina ai loro sguardi
il suo misterioso ampio volume
delle spoglie del Tempo altero e carco.
La freddolosa Povertade il sacro
foco ne sperse, ed inceppò dell'alma
l'agile vividissima corrente;
ché molte gemme di serena luce
disfavillanti l'ocean rinserra
nell'ime grotte, e molti fior son nati
a vagamente colorarsi invano
non visti, e profumar l'aer solingo
di loro ambrosia genial fragranza.

Questa zolla, chi sa? forse ricopre
rustico Hamdeno, che de' patri campi
al picciolo tiranno oppose il petto.
Là forse giace inonorato, ignoto
Miltone agreste, e Cromoel poc'oltre,
cui non bruttò della sua patria il sangue.


Attrar con lingua imperiosa i plausi
d'attonito senato, ire, minacce
di tiranni sfidar, bear contrade
coi doni d'ubertà, legger negli occhi
d'intenerito popolo confuso
la grata istoria de' suoi fatti egregi
vietò la sorte a que' negletti ingegni.
Pur se basso natal rattenne il volo
delle innate virtù, represse ancora
di vizi e di misfatti il germe e l'esca.
Fortunata impotenza a lor non diede
per mezzo il sangue farsi varco al trono,
né di pietade al meschinello in faccia
chiuder le porte, né affogar le strida
di coscienza roditrice, e 'l foco
dell'ingenuo pudor spegnersi in petto,
né del lusso e del fasto arder sull'are
incenso acceso all'apollinea face.
Lungi dal folle vaneggiar del volgo,
dai desiri infiniti e gare insane,
non traviar giammai le innocue genti
dal sentier di natura, e per la cheta
della vita mortal solinga valle
tennero un corso tacito e tranquillo.

Or a guardar le fredde ignobili ossa
dall'ingiurie del ciel, qui presso eretto
di fragil terra un monumento, adorno
di rozze rime e disadatte forme,
dal molle cor del passaggero implora
picciol tributo di sospir pietoso.
I lor nomi, i lor anni, informe scritto
d'inerudita Musa, all'ombre oscure
servon di fama e d'eleghi dolenti.


Trad. Melchiorre Cesarotti


NOTA

Thomas Gray, la cui opera esercitò un notevole influsso non solo in Inghilterra ma anche a livello europeo, è considerato uno dei maggiori precursori della sensibilità romantica. I suoi versi migliori riflettono una predilezione per la meditazione e per la contemplazione solitaria, e costituiscono un’anticipazione dell’estetica del Sublime come verrà di lì a poco teorizzata da Burke. La poesia sepolcrale riflette, infatti, sulla caducità delle glorie terrene e sulla transitorietà della vita umana poste in relazione con l’infinità del tempo.

L’opera di Gray fu di fondamentale ispirazione per la generazione romantica inglese anche per ciò che concerne il recupero di temi attinenti la storia e le origini del popolo britannico e la funzione egalizzante e democratica della poesia. L’utilizzo di un linguaggio alto e aristocratico e il ricorso a forme poetiche classiche quali l’ode o l’elegia rappresentano, comunque, una peculiarità stilistica che rende l’autore una delle più interessanti personalità poetiche del tardo Settecento.


(mm)

venerdì 25 dicembre 2009

Buon Compleanno Carlos Castaneda (25/12/1925)


«Il sistema cognitivo dell'uomo occidentale ci costringe a fare affidamento su idee preconcette. Noi basiamo i nostri giudizi su qualcosa che è sempre "a priori", per esempio l'idea di ciò che è "ortodosso". Che cosa è l'antropologia ortodossa? Quella insegnata nelle sale di conferenza universitarie? Qual è il comportamento di uno sciamano? Mettersi piume sulla testa e ballare per gli spiriti?
Sono trent’anni che la gente accusa Carlos Castaneda di aver creato un personaggio letterario solo perché ciò che riporto non concorda con gli "a priori" antropologici, le idee stabilite nelle aule o sul campo di lavoro antropologico. In ogni caso ciò che don Juan mi presentò può applicarsi solo ad una situazione che richiede azione totale, in queste circostanze, avviene molto poco o quasi nulla di preconcetto.
Non sono mai riuscito a trarre delle conclusioni circa lo sciamanismo perché per farlo bisogna essere membri attivi nel mondo degli sciamani. Per uno scienziato sociale, diciamo per esempio un sociologo, è molto semplice arrivare a conclusioni sociologiche riguardo qualsiasi soggetto relazionato con il mondo occidentale, perché il sociologo è un membro attivo del mondo occidentale. Ma come può un antropologo, che passa al massimo due anni studiando altre culture, arrivare a conclusioni sicure a quel riguardo? Ci vuole una vita per poter acquisire l'appartenenza ad un mondo culturale. Io ho lavorato per più di trent'anni nel mondo cognitivo degli sciamani dell'antico Messico e, sinceramente, non credo che ciò mi permetterebbe di trarre delle conclusioni o addirittura di proporle.
Ho discusso di questo con persone di diverse discipline e loro sembrano capire ed essere d'accordo con le premesse che sto presentando. Ma poi si girano e dimenticano ogni cosa sulla quale avevano convenuto e continuano a sostenere principi accademici "ortodossi", senza preoccuparsi della possibilità di un errore assurdo nelle loro conclusioni. Il nostro sistema cognitivo sembra essere impenetrabile.»



«Il mio lavoro consiste in un rapporto fenomenologico sul mondo cognitivo al quale don Juan Matus mi introdusse. Dal punto di vista della fenomenologia come metodo filosofico, è impossibile fare asserzioni che siano relazionate al fenomeno in esame. Il mondo di don Juan è così vasto, così misterioso e contraddittorio, che non si presta ad un esercizio di esposizione lineare; il massimo che si può fare è descriverlo, e anche solo questo è uno sforzo supremo.»



Tratto da Navigando Nell'Ignoto: Un'Intervista con Carlos Castaneda per la rivista Uno Mismo, Cile ed Argentina, Febbraio 1997 di Daniel Trujillo Rivas



Nota:
«Nel 1960 Carlos Castaneda, uno studente di antropologia, visita il territorio di confine tra l’Arizona e il deserto di Sonora in cerca di informazioni dagli indiani del luogo a proposito del pejotl e di altre sostanze psicotrope.

In una stazione d’autobus della Greyhound, Carlos incontra un vecchio indiano Jaqui di nome Juan Matus. Quest’uomo, scambiato dapprima per un innocuo vecchietto e che si rivela poi essere un potente sciamano tolteco, cambierà definitivamente la sua vita. (Il termine tolteco viene qui usato non nella sua accezione etnologica, ma in quella originale di “studioso”, “artista”, o “uomo di conoscenza”).

A Carlos sembra inizialmente di essere venuto in contatto con l’opportunità di ampliare le sue vedute, ma Juan Matus, che legge come un segno dello spirito il “fatale” incontro, riconosce subito nel suo interlocutore il discepolo eletto, che le stesse forze dell’universo gli hanno condotto di fronte.

Inizialmente, Castaneda si adatta ad accettare il ruolo di apprendista stregone al solo scopo di ottenere le informazioni desiderate. Don Juan invece compie ogni sforzo in suo potere per rompere i limiti della percezione del suo allievo al fine di metterlo nella posizione di poter vedere il mondo così come questo è veramente.»

Tratto da CARLOS CASTANEDA INCONTRA IL NAGUAL (www.carloscastaneda.it)

giovedì 24 dicembre 2009

Buon Compleanno Fritz Leiber (24/12/1910)


«Ogni punti giallo rappresenta un caso di mancato riconoscimento illusorio. Un individuo altrimenti normale non riconosce un membro della famiglia, o un amico, e sostiene di fronte a tutti e a tutto che si tratta di uno straniero e di un impostore… un’accusa molto frequente, e assolutamente priva di basi, è questa: il posto del parente o dell’amico è stato preso da un gemello assolutamente identico. Questa illusione persiste, ed è accompagnata da disturbi nervosi di tale entità che il malato deve ricorrere alle cure di uno psichiatra… nei casi dei quali siamo al corrente. Con l’aiuto della psichiatria, si arriva a una di queste soluzioni: prima, l’illusione svanisce e il presunto estraneo è accettato come il vero parente o amico; seconda, l’illusione persiste, e avviene una separazione… quando si tratta di marito e moglie, si ha il divorzio. Qualunque sia la soluzione il malato guarisce perfettamente.»


«Il materialismo è la nostra base signori… la ferma convinzione secondo la quale qualsiasi fenomeno deve avere un’esistenza reale e una causa reale. Questo ha reso possibile la nostra tecnologia, e una capacità di comprensione della natura completa e chiara. Io sono di larghe vedute. Come tutti sono disposto ad ascoltare nuove teorie in qualsiasi momento, e con grande interesse. Ma quando queste teorie rappresentano il risveglio delle superstizioni più antiche e più arretrate, quando questo signore cerca di spaventarci servendosi di incubi e di storie di spiriti maligni che rubano corpi umani, quando in base a queste prove egli ci chiede di istituire una gigantesca caccia alle streghe […] che considera seriamente l’idea di fare una mappa del mondo dei sogni […] se cediamo a simili suggerimenti allora sarà meglio gettare da parte ogni traccia di materialismo…»


I tre tempi del destino, traduzione di Luigi Dancelli


Nota:
Figlio di una coppia di attori, proprio come E. A. Poe, attraverserà con la sua produzione diversi campi della narrativa fantastica cominciando dall'heroic fantasy, per cui avrebbe coniato il termine Sword and Sorcery, un'accezione che sarebbe rimasta ancora oggi per connotare una certa fantasy di basso livello.


«Sono più certo che mai che questo campo dovrebbe essere chiamato storie di sword-and-sorcery. Questo termine descrive accuratamente i punti di livello culturale ed elemento sovrannaturali ed inoltre lo distingue immediatamente dai romanzi di cappa-e-spada (avventure storiche) ed (incidentalmente) anche dai romanzi di cappa-e-pugnale (spionaggio storico) »


Scriverà di fantascienza, horror e articoli di critica letteraria. Collaborerà anche per il mitico Weird Tales, intratterà ottimi rapporti con la generazione che avrebbe dato vita alla rivoluzione New Wave nella fantascienza, come Michael Moorcock, che sarà direttore di New Worlds proprio negli anni di Brian Aldiss e Norman Spinrad.


«C’erano due scrittori della generazione precedente la cui abilità e gli standard letterari dei quali [gli autori new wave, ndr] ammiravano ancora. Uno era Phillip K. Dick. L’altro era Fritz Leiber, che per maestria di prosatore e spirito urbano continuava a sorpassare i nostri imberbi talenti. Provavamo assoluta reverenza per lui. E la proviamo ancora. (Michael Moorcock, 1983) Appare evidente che […] nessuno nel nostro campo può avvicinarsi a Fritz Leiber (Poul Anderson, 1975)

C’è un solo Fritz Leiber. Ne servirebbero altri venti (Damon Knight, 1970)»


La sua opera si vede in particolar modo legata ad Howard P. Lovecraft e a Robert Graves almeno per i primi vent'anni di attività. Nominato Gran Maestro della Fantascienza nel 1981 fu sempre considerato una delle menti più illuminate che combatteva la deriva campbelliana della fantascienza, cioè space opera e tecnologia, mirando invece al coinvolgimento e allo spessore psicologico dei personaggi. Fu appunto Carl Gustav Jung l'altro grande ispiratore teorico della sua opera. Proprio come Poe la deriva alcolica lo costrinse ad un periodo di inattività dopo la morte della prima moglie, ma tornò alla grande con Nostra Signora delle Tenebre.


«Lo stimavano tutti – gli autori di hard science fiction, i giovani arrabbiati della new wave, i fanatici di fantasy e i lovecraftiani della prima ora, i guru della fantascienza sociologica e i fan della space opera, quelli che amavano l’azione e l’avventura e quelli che dal loro fantastico volevano meno sensazionalismo e più letteratura. Dove lo trovate un altro che fosse simpatico a H.P. Lovecraft e a William Gibson, a Isaac Asimov e a Michael Moorcock?»


Tratto da Demoni dell’Aere Superiore: Vita, Opere e Miracoli di Fritz Leiber, Jr. di Davide Mana

(rrb)

mercoledì 23 dicembre 2009

Buon Compleanno Giuseppe Tomasi Di Lampedusa (23/12/1896)



«Sollecitato da una parte dall’orgoglio e dall’intellettualismo materno, dall’altra dalla sensualità e faciloneria del padre, il povero Principe Fabrizio viveva in un perpetuo scontento pur sotto il cipiglio zeusiano e stava a contemplare la rovina del proprio ceto e del proprio patrimonio senza avere nessuna attività ed ancor minor voglia di porvi riparo.»


«…Perché morire per qualche d’uno o per qualche cosa, va bene, è nell’ordine; occorre però sapere o, per lo meno, essere certi che qualcuno sappia per chi o per che si è morti.»


Da Il Gattopardo


Nota:
morto senza riuscire a far pubblicare il suo romanzo e i suoi racconti, rappresenta uno dei maggiori casi letterari del dopoguerra.

«Di fronte al declinare dell’esperienza individuale, il movimento della storia appare qualcosa di negativo e di cieco, che lascia comunque immutata la realtà. La vita delle cose e degli uomini procede per proprio conto, si consuma al di fuori di ogni coscienza, non è possibile imporle nessun valore razionale: di tutto restano solo echi lontani, tracce di colore, sensazioni e profumi perduti…»

Giulio Ferroni

martedì 22 dicembre 2009

Buon Compleanno Filippo Tommaso Marinetti (22/12/1876)


«Due ore dopo vi entriamo con venti autocarri rigurgitanti di arditi fez neri. Impetuoso scamiciamento, fucili anditi da braccia pazze, bocche squarciate dal canto, lazzi feroci di gioia barbarica nel polverone incandescente, fiocchi neri al vento, bandiere nere che spazzano gli alberi sotto il sole che pomposamente si spacca in cannonate arroventando l’aria. Beviamo nella corsa un simun africano saporito di allegria infantile. La polvere calda sulle labbra è lo zucchero della vittoria. Rimbalzano in aria i cuori nostri gareggiando in splendore, furore e rotondità trionfali con le nuvole tronfie e ricche d’oro che vorrebbero certo metallizzarsi per combattere anch’esse e schiacciare il nemico. Belle nuvole di Vittorio Veneto, gonfiate da tutti gli aliti italiani dove eravate, donde venute? Vi lodo di aver perduto nel vento le belle curve flessuose femminili per assumere soltanto le forme aggressive impennate e gli spigoli infilzanti!»

«Questa nuvola a destra soffia getti di lava d’oro fra i suoi mille baffi accecanti, il suo irto pelame variegato e la sua coda altissima di tigre d’argento. Altre nuvole come spazzole di bragia rigovernano accanitamente quel nuvolone-cavallo dalle troppe zampe correnti come i primi cavalli dinamici dei pittori futuristi. Un’altra nuvoletta agile di nickel fila, fila verso il mare come una torpediniera grondante di liquido azzurro per raggiungere forse la squadra italiana. Sul mare, sul mare, certo, anche sul mare, ora l’Italia vince. Ma sulla testa un’altra bella nuvola di vittoria. Mi sporgo fuori dalla blindata per ammirarla. E’ un cerchio, un grande cerchio d’oro massiccio dipinto di rozzi pomi vermigli. Degna corona del vincitore Caviglia che, scopati i vecchi piani strategici, seppe mediante le sue spie volanti in aeroplano sui notturni accampamenti, scoprire il punto debole del nemico e colpirlo nell’immenso scacchiere, mortalmente. L’esercito Austriaco ferito nella saldatura delle due sue armate del Grappa e del Piave, cade a pezzi. Pezzi potenti, armatissimi, ancora disciplinati, che cercano di sfuggire agli inevitabili accerchiamenti.»

L’alcòva d’acciaio – romanzo vissuto


«Che fetida atmosfera! E' il tuo alito,
o vecchia asmatica foca, poiché respiri
con grande stento fuori dall'acqua suppurante!
O Papa, carceriere della terra,
o sorcio mostruoso delle fogne del cuore,
vecchio scarafaggio nutrito d'immondizie,
pistillo osceno nella corolla d'una veste talare,
battaglio di campana funerea!
Tu respiri a stento,
congestionato per aver mangiato tutto il divino del mondo,
tutto l'allettevole azzurro delle anime!
Monopolizzatore dell'ideale umano, io denuncio,
il trust infame che hai fatto
di tutte le energie terrestri!

Ma a che serve moltiplicare le immagini schifose
e le definizioni sinistre?
Foca! Tu sei una foca, ma non ammaestrata
nè divertente! E non sapresti
intrattenere una platea giocando alla palla
con la tua tiara costellata,
Sei piuttosto un topaccio di fogna....
No!... No!... rinuncio volentieri al mio genio creatore,
e preferisco finalmente plagiare, come non feci mai!
Ti riappiccico in faccia,
l'immagine universale, rimasticata
da tutti gli oratori anticlericali:
Tu sei per loro il corvo dei corvi della Terra,
cimitero ruzzolante!...»

L'Aeroplano del Papa - Romanzo profetico in versi liberi


Nota:
Davvero difficile e oltremodo ingiurioso sarebbe cercare di racchiudere in un post commemorativo e di invito alla lettura le contraddizioni, la visionarietà, le convinzioni politiche, la turbinante attività in guerra, la tormentata esistenza (tra cui il rapporto complesso con Gabriele D’Annunzio) di un uomo che ancora oggi, e forse più di ieri, viene considerato artista di profilo elevatissimo, eclettico e rivoluzionario. Nell’anno del centenario della pubblicazione del Manifesto del Futurismo Filippo Tommaso Marinetti resta sempre più una figura di riferimento per la cultura italiana ed europea.
«A Marinetti non può essere addebitata la strumentalizzazione delle sue istanze sovversive operata dal fascismo. Anche perché il fascismo sarebbe nato senza il futurismo, come senza il dannunzianesimo. A generarlo furono gli sconvolgimenti seguiti alla guerra, a permettergli di affermarsi furono gli errori della classe dirigente liberale e l’abilità politica di Mussolini.

In politica Marinetti fu sostanzialmente anarchico. Il padre del futurismo fu deluso per non essere riuscito a trasmettere al fascismo la pregiudiziale antimonarchica e quella anticlericale, che riteneva necessarie per la libertà della nazione.

I pregiudizi e le letture ideologiche sono rimaste fuori dalla porta e forse ha ragione Guerri quando sostiene che se Marinetti, dopo il suo rapporto conflittuale con il fascismo, avesse avuto l’astuzia o la disponibilità a cambiare bandiera, la sua fama postuma ne avrebbe guadagnato in modo incommensurabile. Il fascista fedele a Mussolini fino alla fine, che oggi si condanna , si sarebbe trasformato in uno dei numerosi "redenti" folgorati dall’antifascismo dell’ultimo momento. La sua vita incendiaria, nonostante tutto, ha fatto entrare l’Italia nella modernità.»


Nicola Vacca, commentando lo studio di Giordano Bruno Guerri, Filippo Tommaso Marinetti. Invenzioni, avventure e passioni di un rivoluzionario

(rrb)

lunedì 21 dicembre 2009

Buon Compleanno Heinrich Böll (21/12/1917)


«Comincia a canticchiare tra me e me un testo, il primo che mi venne in mente: “Il povero papa Giovanni non ascolta la CDU; non è il ciuco dei Müller ma anche il resto non gli va giù” Come principio questo poteva andare e il Comitato Centrale per la Lotta contro il Sacrilegio e la Bestemmia non avrebbe avuto nulla da ridire sul testo. A mano a mano ci avrei aggiunto molte altre strofe e avrei intonato il tutto in tono di ballata. Avevo voglia di piangere: la biacca sul viso me lo impediva, era così perfetta con quelle crepe, con quei punti in cui il gesso cominciava a sfogliarsi; le lacrime avrebbero rovinato tutto.»

Opinioni di un clown



Nota: L’insostenibile peso della memoria, necessità bruciante, che pervade e informa l’opera di Heinrich Boll.
Bisogno quasi fisiologico, quello di ricordare per una Germania umiliata e offesa, che deve fare i conti con il proprio passato; per un uomo, quello novecentesco, che si ritrova solo con se stesso , figlio di ideologie divenute sigle vuote che non sanno dare risposte, ma che incombono, mostri minacciosi e incomprensibili, nella vita di ogni giorno.
La rabbia, causata dall’inanità dell’azione, ma allo stesso tempo motore propulsore dell’esigenza di scrivere, rabbia che è desolazione ma anche volontà di riscatto.
E infine la speranza, più che nell’uomo nella possibilità stessa di sperare.


La memoria, la rabbia, la speranza intervista con René Wintzen, titolo di un’opera di Heinrich Böll



(lb)

domenica 20 dicembre 2009

Buon Compleanno Edwin Abbott Abbott (20/12/1838)


«Chiamo il nostro mondo Flatlandia, non perché sia così che lo chiamiamo noi, ma per renderne più chiara la natura a Voi, o Lettori beati, che avete la fortuna di abitare nello Spazio.
Immaginate un vasto foglio di carta su cui delle Linee Rette, dei Triangoli, dei Quadrati, dei Pentagoni, degli Esagoni e altre Figure geometriche, invece di restar ferme al lor posto, si muovano qua e là, liberamente, sulla superficie o dentro di essa, ma senza potersi sollevare e senza potervisi immergere, come delle ombre, insomma – consistenti, però, e dai contorni luminosi. Così facendo avrete un'idea abbastanza corretta del mio paese e dei miei compatrioti. Ahimè, ancora qualche anno fa avrei detto: "del mio universo", ma ora la mia mente si è aperta a una più alta visione delle cose.»

«Osserva quella miserabile creatura. Quel Punto è un Essere come noi, ma confinato nel baratro adimensionale. Egli stesso è tutto il suo Mondo, tutto il suo Universo; egli non può concepire altri fuor di se stesso: egli non conosce lunghezza, né larghezza, né altezza, poiché non ne ha esperirenza; non ha cognizione nemmeno del numero Due; né ha un'idea della pluralità, poiché egli è in se stesso il suo Uno e il suo Tutto, essendo in realtà Niente. Eppure nota la sua soddisfazione totale, e traine questa lezione: che l'essere soddisfatti di sé significa essere vili e ignoranti, e che è meglio aspirare a qualcosa che essere ciecamente, e impotentemente, felici.»


«Sbigottito alla vista dei misteri della terra così rivelati al mio occhio, dissi al mio compagno: “Guarda, sono diventato come un Dio:. Perché i saggi al nostro paese dicono che la visione di tutte le cose o, come essi si esprimono, l' onniveggenza, è attribuito a Dio solo”. C'era un po' di scherno nella voce del mio Maestro quando rispose: “Davvero? Allora anche i borsaioli e gli assassini del mio paese dovrebbero essere venerati come Dèi dai vostri saggi: perché non ce n'è uno che non veda quel che tu vedi. Ma dài retta a me, i vostri saggi si sbagliano”.»

Flatlandia. Racconto fantastico a più dimensioni, traduzione di Masolino D’Amico


Nota:
Edwin Abbott Abbott è stato poco conosciuto nella sua epoca come autore di Flatland, l’opera che l’ha invece consacrato alla modernità. In vita è stato principalmente conosciuto per il suo ruolo di pedagogo, infatti fu Rettore, tra gli altri, della City London of School, dove istituì l’insegnamento obbligatorio della chimica e ripristinò la pronuncia classica del latino. Nell’ultima parte della sua esistenza si dedicò a pubblicazioni di scritti di vario genere tra cui diverse opere teologiche. Flatlandia costituisce ad oggi una delle sue intuizioni più brillanti, dove sviluppa geometricamente la struttura della società del suo tempo attraverso il rigido sistema bidimensionale. Il romanzo infatti si chiude con la speranza di un ricerca senza limiti, come una sorta di anelito di conoscenza che si perde nelle n dimensioni dell’universo.

(rrb)

sabato 19 dicembre 2009

Buon Compleanno Edith Piaf (19/12/1915)





Edith Artista di strada

«Trascinati dalla folla
che ci trasporta,
ci trattiene,
ci allontana l’uno dall’altro.
Lotto e combatto,
ma il suono della tua voce
si confonde tra le risa degli altri
e, disperata,
urlo di furore
e di rabbia
e piango.
E trascinata dalla gente
Che si butta e danza,
una folla ballerina,
che mi trascina lontano.
E stringo i pugni
Maledicendo la folla
Che mi ruba l’uomo
Che mi aveva dato
E che non ho più ritrovato.»

Da la foule

Edith e l’amore

«se un giorno la vita
Ti staccherà da me,
se tu morirai,
se sarai lontano da me,
non importa se mi amerai da lassù,
perché morirei lo stesso.
Avremo l’eternità
Nel blu dell’immenso,
nel cielo alcun problema,
amore mio, ci amiamo?
Dio riunisce coloro che si amano.»

Da Hymne à l’amour


Edith e la rassegnazione

«Niente di niente, no,
non rimpiango niente.
Né il bene, né il male
Che mi hanno fatto.
Per me, fa lo stesso.
No, niente di niente,
non rimpiango niente.
Ho pagato,
tutto è passato,
dimenticato,
me ne frego del passato.
Ho bruciato i miei ricordi.
I miei dispiaceri,
i miei piaceri,
non ne ho più bisogno.
Spazzati gli amori
e le loro emozioni,
spazzati per sempre,
ricomincio da zero.»

Da Non, je ne regrette rien

Traduzione a cura di Asterischi (mc)

Nota:
Pseudonimo di Edith Giovanna Gassion,Edith Piaf è una delle voci più note del dopoguerra francese. Chanteuse réaliste, come fu spesso definita dalla critica, veniva anche soprannominata passerotto, per la voce soave e nitida (da qui “Piaf” che nell’argot francese significa appunto passerotto).
Abbandonata sin da piccola dalla madre, cantante di strada alcolizzata, Edith accompagna il padre, acrobata da circo, durante le sue esibizioni. Ed è proprio in strada che Edith, cantando l’inno francese, si esibisce per la prima volta. Da qui il soprannome “La Môme”, dal francese “marmocchio” che in seguito le verrà dato per sottolineare l’appartenenza di Edith al ceto basso della popolazione parigina e la sua fama di artista di strada.
La vita di Edith è segnata da eventi negativi: L’allontanamento dalla madre, l’infanzia trascorsa con la nonna paterna, proprietaria di un bordello, la perdita della figlia all’età di due anni, la morte di Marcel Cerdan in un incidente aereo, saranno determinanti per la salute di Edith e per il successo della stessa cantante. Dopo la morte di Marcel, suo unico amore, la cantante inizia a far uso di droghe, peggiorando il suo stato di salute e il suo aspetto fisico. Nei suoi ultimi concerti, ormai logorata dall’alcol, esibiva un fisico quasi del tutto devastato: pochi capelli, mani ricurve, corpo esile. Solo la voce, inalterata come sempre, sembrava darle la forza di andare avanti.
I suoi testi cantano l’amore perduto, la forza di una donna che continua a lottare, nonostante i ripetuti tentativi di suicidio, nonostante la perdita delle persone più care. Un’artista che attinge dalla sua vita ogni forma di ispirazione, una donna che spera e non rimpiange. Due canzoni, in particolare, riflettono gli eventi più significativi della vita di Edith: Hymne à l’amour (“Dio riunisce coloro che si amano”) che scrive dopo la scomparsa di Marcel e Non, je ne regrette rien, una delle sue ultime canzoni, simbolo della forza di una donna che lotta e che “se ne frega del passato”.

(mc)

Buon Compleanno Guido Gozzano (19/12/1883)




“L'Iddio che a tutto provvede
poteva farmi poeta
di fede; l'anima queta
avrebbe cantata la fede.

Mi è strano l'odore d'incenso:
ma pur ti perdono l'aiuto
che non mi desti, se penso
che avresti anche potuto,

invece di farmi gozzano
un po' scimunito, ma greggio,
farmi gabrieldannunziano:
sarebbe stato ben peggio!

Buon Dio, e puro conserva
questo mio stile che pare
lo stile d'uno scolare
corretto un po' da una serva.

Non ho nient'altro di bello
al mondo, fra crucci e malanni!
M'è come un minore fratello,
un altro gozzano: a tre anni.

Gli devo le ore di gaudi
più dolci! Lo tengo vicino;
non cedo per tutte Le Laudi
quest'altro gozzano bambino!

Gli prendo le piccole dita, 25
gli faccio vedere pel mondo
la cosa che dicono Mondo,
la cosa che dicono Vita...”

(L’altro da Rime Sparse)


”Non vissi. Muto sulle mute carte
ritrassi lui, meravigliando spesso.
Non vivo. Solo, gelido, in disparte,

sorrido e guardo vivere me stesso.”

(da I colloqui)



Nota:

Il poeta delle <> non può essere considerato solo come veicolante di una poesia-ponte tra gli eccessi dannunziani e quella che verrà definita successivamente come linea novecentista dallo stesso Pasolini. Gozzano, nato da una famiglia di medici, si relega da solo a una poesia che vive un rapporto simbiotico e sofferto con la realtà. La malattia e la morte sono i temi ricorrenti di tutta la sua produzione e si nascondono dietro facili rime, ritmi simili a filastrocche e poemetti narrativi di cui è possibile persino raccontare “la trama”. Il crepuscolarismo trova in lui il massimo esponente, autore di una poesia che è, allo stesso tempo, tramonto della figura del poeta-vate e alba di un nuovo modo di scrivere in cui il punto di partenza sono le stesse debolezze dell’io lirico, il suo essere “malato immaginario” come lo accusa ingenuamente la Signorina Felicita (ovvero la Felicità). Una malattia ideologica che Gozzano condivide in tutto e per tutto con la letteratura decadente, ma anche fisiologica dal momento che l'aggravarsi della tisi condurrà il poeta alla morte a soli trentadue anni, nel 1916.

venerdì 18 dicembre 2009

Buon Compleanno Alfred Bester (18/12/1913)




«Un uomo che ha il talento e il fegato di sfidare la società è potenzialmente un uomo di valore (...) Se non si sfruttassero i valori che sono in lui, ebbene ci si renderebbe colpevoli di un criminale spreco. Un criminale è un ammalato. Naturale che lo si porti in ospedale e gli si mandino regali. In che altro modo si potrebbero trattare i criminali?»

L'uomo disintegrato

« “Ai miei tempi un tribunale era presieduto da un giudice, che aveva una preparazione legale, di solito con molti anni di esperienza come avvocato penalista o civilista. Mi trovo davanti a voi! Nessuno è avvocato. Non siete certamente giudici. Siete normali cittadini... beh, per essere sincero, nessuno di voi è quello che chiamerei "normale". Vi hanno scelti per questo compito, mio Dio, non so, come se foste arruolati. È stato un computer... senza offesa per voi due signori... a tirar fuori i nomi da un cappello, ed ecco la Corte Suprema! Mio Dio!” (...) “Vorrei rispondere alle sue osservazioni. Primo, noi siamo la Corte Suprema perché non ce n'è un'altra. L'unica necessaria, perché non vi sono più molte leggi e quasi tutte le faccende vengono sistemate al momento. In secondo luogo, noi conosciamo bene la legge, o almeno la conoscono i computer della Corte e gli impiegati ci fanno sapere quello che dobbiamo sapere. Terzo, la ragione per cui ascoltiamo i casi strampalati come il suo è perché non abbiamo niente altro da fare".»

L'uomo disintegrato

«I processi sono in arretrato di 79 anni. I giudici ricevono la nomina, prestano servizio, vanno in pensione e davanti a loro non giunge mai un procedimento iniziatosi durante il loro periodo di servizio (...) I nipoti di accusatori e accusati, di colpevoli e vittime, giudicati dai nipoti dei giudici.»

Golem 100


Nota:
Autore paradossale, caustico e imprevedibile che nella sua vita artistica ha ispirato le grandi generazioni degli ‘60. Alcuni critici ricordano il suo splendido capolavoro L'uomo disintegrato e ne fanno un confronto con la riforma del Ministro Renato Brunetta, ove la disintegrazione umana del romanzo fa il paio con l'operazione di verginità amministrativa e di funzionalizzazione estrema al “nuovo” progetto di efficienza assoluta.

«Ai miei tempi sono stato scambiato per un frocio, un conservatore, uno psichiatra, un artista, un vecchio sporcaccione, un giovane sporcaccione, e ho sempre reagito in carattere, facendo la scena.»

Introduzione a I massimi della Fantascienza

«E poiché la vera forza dell’amministrazione, ancora più di quella finanziaria, è costituita dalle persone che ci lavorano, il processo non può prescindere da un’azione diretta verso i dipendenti pubblici. Considerati “criminali” del pubblico interesse, i dipendenti vanno “disintegrati” e resi funzionali al nuovo progetto di amministrazione che si va delineando, e i loro dirigenti e quadri devono essere formati per costituire un corpo coeso e disciplinato. Per questo motivo le amministrazioni, nell'ambito dei processi di selezione del personale, usano tecniche psicologiche sperimentate già da decenni in altri ambiti, e che hanno un po’ dei metodi descritti da Bester nel suo romanzo.»

Maurizio Del Santo

«Tutti i giovani scrittori che negli anni '60 daranno vita a quella che verrà definita New Wave (Brian W. Aldiss, Samuel R. Delany, Michael Moorcoock, Roger Zelazny...) guarderanno con revenrenza alla sua produzione, alle sue tecniche di narrazione audaci e alle soluzioni tecniche, tutte cose che forse gli derivavano dall'apprendistato nel mondo delle sceneggiature radiofoniche e in quello dei fumetti.»

Intercom

giovedì 17 dicembre 2009

Buon Compleanno Ludwig Van Beethoven (17/12/1770)


«O voi uomini che mi credete ostile, scontroso, misantropo o che mi fate passare per tale, come siete ingiusti con me! Non sapete la causa segreta di ciò che è soltanto un'apparenza [...] pensate solo che da sei anni sono colpito da un male inguaribile, che medici incompetenti hanno peggiorato. Di anno in anno, deluso dalla speranza di un miglioramento [...] ho dovuto isolarmi presto e vivere solitario, lontano dal mondo [...] se leggete questo un giorno, allora pensate che non siete stati giusti con me, e che l'infelice si consola trovando qualcuno che gli somiglia e che, nonostante tutti gli ostacoli della natura, ha fatto di tutto per essere ammesso nel novero degli artisti e degli uomini di valore.»


«Sarei molto felice di potervi essere utile anche nella tomba - così fosse - con gioia vado incontro alla morte - ma se essa mi coglierà prima che abbia avuto occasione di sviluppare interamente i miei talenti artistici, sarebbe per me, malgrado il mio duro destino, troppo presto e vorrei che venisse più tardi - e tuttavia sarei contento lo stesso, non meriterebbe forse da uno stato di infinita sofferenza? - Vieni quando vuoi, ti vado intrepidamente incontro - addio, non dimenticatemi completamente quando sarò morto, me lo sono meritato perché nella mia vita ho spesso pensato di rendervi felici, siatelo.»


Da Testamento di Heiligenstadt, Beethoven, 6 ottobre 1802



« Noi, esseri limitati dallo spirito illimitato, siamo nati soltanto per la gioia e la sofferenza. E si potrebbe quasi dire che i più eminenti afferrano la gioia attraverso la sofferenza. »


Da Lettera di Beethoven alla contessa von Erdödy, 1815


Nota:

Preparò l'evoluzione verso il romanticismo musicale ed influenzò tutta la musica occidentale per larga parte del XIX secolo. Superando attraverso una ferrea volontà le prove di una vita segnata dal dramma della sordità, la sua musica celebra il trionfo dell'eroismo, della fratellanza tra i popoli e della gioia, nonostante il destino gli avesse riservato l'isolamento e la miseria.

Dedicando la creazione musicale all'azione dell'uomo libero e indipendente, la sua musica è espressione di una fede inalterabile nell'uomo e di un ottimismo della volontà.

mercoledì 16 dicembre 2009

Buon Compleanno Philip K. Dick (16/12/1928)


«Ricordo che ero un adolescente e andavo da uno psichiatra e gli dissi che avevo incominciato a domandarmi se il nostro sistema di valori fosse vero in senso assoluto. E lui mi disse: “Questo è un sintomo della tua nevrosi, il fatto che dubiti di ciò che è giusto e di ciò che è sbagliato”. Poi presi una copia della rivista scientifica inglese Nature. E lì c’era un articolo in cui si diceva che in pratica tutti i nostri valori derivano essenzialmente dalla Bibbia, e non si possono verificare empiricamente, ricadendo perciò nella categoria di ciò che non si può dimostrare né provare. Glielo feci vedere e lui si arrabbiò molto: “Considero queste cose nient’altro che merda pura. Merda pura”. E io lì, un teenager anni Quaranta, e lui lì, uno psichiatra. Voglio dire, il suo cervello era morto, per quanto ne capivo.»


Sutin Lawrence, Divine invasioni: la vita di Philip K. Dick


«Joe la interruppe e disse: “Lo sai quello che ha fatto, no? Ha preso il meglio dal nazismo, la parte socialista e i vantaggi economici che abbiamo ricavato attraverso Speer, e a chi ne ha attribuito il merito? Al New Deal. E ha lasciato il peggio, le SS, lo sterminio e la segregazione razziale. È un’utopia! Tu credi che se gli Alleati avessero vinto, il New Deal sarebbe riuscito a rianimare l’economia e ad apportare quei miglioramenti di tipo socialista, come dice lui? Cavolo, no; lui parla di una forma di sindacalismo statale, di uno stato corporativo, simile a quello che c’era da noi sotto il Duce. Lui dice, voi avreste avuto tutto il meglio e niente di…”»


La svastica sul sole

«Potrei affermare che tutti noi siamo criminali de facto. Perché questo governo è basato su una mistificazione. E su una mistificazione di prim’ordine… voi avete troppa considerazione per i monopoli. Io no. E… forse è meglio aspettare qualche giorno; quando Herman Goering sarà con noi, potremo chiedergli la sua opinione in proposito”. Adesso furono i due uomini a fissare Nicole a bocca aperta… “In fondo – disse – è stato Goering a fondare la Gestapo”… “Non abbiate paura” disse Nicole. “Sapete qual è il vero fondamento del potere politico? Non le armi o gli eserciti, ma la capacità di fare agli altri ciò che si vuole che facciano. Con ogni mezzo appropriato… e posso convincere anche Herman Goering a fare quello che voglio. Non sarà lui a decidere, sarò io”.»


I simulacri

«Diventare quello che io chiamo – in mancanza di un termine più appropriato – un androide, significa acconsentire a trasformarsi in un mezzo oppure essere oppressi, manipolati e ridotti a un mezzo inconsapevolmente o contro la propria volontà: il risultato non cambia. Ma è impossibile trasformare l’essere umano in androide se quest’essere umano infrange le leggi ogniqualvolta se ne presenti l’occasione. L’androidizzazione richiede obbedienza. E, soprattutto, prevedibilità.»

Se vi pare questo mondo sia brutto

Nota

La produzione dickiana, principalmente di stampo fantascientifico ma non solo, abbraccia numerosi campi della conoscenza umana: dalla crisi della democrazia americana agli sviluppo della società del controllo, ai dubbi sulle politiche del New Deal e del suo seguito, alle percezioni derivate dall’abuso di droghe e farmaci, fino alle grandi tematiche religiose. La sua opera, soprattutto nelle più sofisticate e forse riuscite elucubrazioni politiche o sociali, è fortemente compromessa con gli intermezzi delle sue vicende personali e con gli influssi, benevoli o malvagi, proletari o borghesi, ribelli o accondiscendenti, delle donne che andò ad incontrare nel corso della vita.


«Sua sorella gemella Jane è morta a due mesi. È chiaro che questo ha influenzato la sua vita e la sua opera. Lui parlava spesso di lei. Jenny era divenuta la sua ossessione nel corso degli anni. È senza dubbio per questo che, spesso, nei suoi romanzi, compare il tema dell'ubiquità... io stessa, ho dei gemelli, Lucas e Dilan. Nella famiglia, sembra che noi abbiamo questa disposizione.»


Intervista alla figlia Isa tratta da Le Figaro del 22/10/2007 (traduzione a cura di Asterischi)


«Avevo dodici anni quando lessi la mia prima rivista di SF… Si chiamava Stirring Science Stories e pubblicò, credo, solo quattro numeri. L’editore era Don Wollheim, che in seguito avrebbe comprato il mio primo racconto .Mi imbattei nella rivista quasi per caso; stavo cercando, in realtà, Popular Science. Ne fui colpito. Racconti scientifici? Di colpo, vi riconobbi la magia che avevo trovato nei libri di Oz, non più, però associata alle bacchette magiche, bensì alla scienza.»


Philip K. Dick, Mutazioni: scritti filosofici, autobiografici e letterari

«Comprarono a credito una casa scalcinata nella parte bassa di Berkeley. Il tetto cadeva a pezzi, la tinteggiatura si scrostava e, nel periodo delle grandi piogge invernali, bisognava mettere delle bacinelle un po’ dappertutto per evitare le inondazioni. Né Phil né Cleo pensarono a fare delle riparazioni, uno per negligenza, perché spendeva la maggior parte del denaro per comprare dischi e del suo tempo libero per ascoltarli, l’altra per una scelta deliberata a favore della vita disordinata e libera e di tutto ciò che si contrapponeva al modo di vita borghese.»


Emmanuel Carrère, Io sono vivo, voi siete morti, Un viaggio nella mente di Philip K. Dick

«Philip K. Dick non ha studiato filosofia all’Università. Non ha neanche scritto libri di argomento filosofico, nel senso che non si è mai occupato di ontologia, di morale, di metafisica o di altri saperi filosofici con le modalità e i linguaggio propri della discussione filosofica contemporanea… sembra quasi che Dick non abbia la pazienza di esaminare concetti astratti, di rilevare le contraddizioni, di giustificare o difendere le proprie conclusioni dalle critiche e dalle confutazioni di cui sono passibili. La sola, costante preoccupazione è quella di dare forma alla propria “visione” del mondo. Le domande che agitano la sua coscienza di uomo e di scrittore, queste sì, sono autenticamente filosofiche.»


Chiappetti Fabrizio, Visioni dal futuro Il caso di Philip K. Dick

«…non solo il nostro mondo si è dickizzato. Ma forse un giorno le profezie intrinseche alla critica del capitalismo e le visioni del più noto autore di fantascienza coincideranno, visto che hanno già molto in comune.»


Tommaso Pincio Incontri ravvicinati tra Philip Dick e Karl Marx, pubblicato su “il manifesto” del 30/12/2006

Buon Compleanno Jane Austen (16/12/1775)


«Come ho scritto male. Comincio a detestarmi.»

Da lettera a Cassandra Austen, 18 settembre 1796; traduzione Giuseppe Ierolli


«La mamma vuole che ti dica che sono un'ottima governante, cosa che non sono riluttante a fare, perché penso davvero che sia una mia peculiare eccellenza, e per questo motivo: ho sempre molto cura di provvedere a quelle cose che soddisfano il mio appetito, cosa che considero il principale merito nel governo di una casa.»

Da lettera a Cassandra Austen, 17 novembre 1798; traduzione Giuseppe Ierolli


« Mi angosci crudelmente con la tua richiesta circa i Libri; non riesco a pensarne nessuno da portare con me, né ho il minimo sospetto che ne avremo bisogno. Vengo da te per chiacchierare, non per leggere o sentir leggere. Questo posso farlo a casa; e in verità ora sto facendo incetta di informazioni da riversare su di te nel modo che preferisci, o mettendole in fila in modo libero, casuale, scollegato, o suddividendo il mio racconto come lo suddivide lo Storico, in sette parti, Società Civile e Militare - Religione - Istituzioni - Cultura ed Eruditi - Arti e Scienze - Commercio Moneta e Navigazione - e Modi di Vivere; - cosicché per ogni serata della settimana ci sarà un argomento diverso; Il gruppo del venerdì, Commercio, Moneta e Navigazione, lo troverai il meno divertente; ma la parte della Serata successiva servirà da risarcimento. - Con una tale provvista da parte mia, se tu farai la tua ripetendo la Grammatica Francese, e Mrs Stent sparerà di tanto in tanto qualche meraviglia su Galli e Galline, cosa mai ci mancherà? - »

Da lettera a Cassandra Austen, 12 novembre 1800; traduzione Giuseppe Ierolli

http://www.jausten.it


Nota:
Jane non lasciò mai la sua famiglia e rimase nubile fino alla fine dei suoi giorni; dopo la morte la sorella Cassandra, e in seguito i fratelli e i loro discendenti, distrussero gran parte delle lettere e delle carte private che le erano appartenute.
La scrittrice non possedeva uno studio proprio ma lavorava nel soggiorno, badando che la sua attività non venisse scoperta dai domestici.

«Scrivere di nascosto è una cosa comune a molte donne. Anche Jane Austen racconta che la scrittura era quasi vergognosa per le donne; infatti lei nascondeva il suo malloppo di carte sotto i panni da stirare, poi, quando non c’era nessuno, lo tirava fuori e scriveva.»
Da Dacia Maraini, Amata scrittura

I suoi romanzi sono stati letti come leggere commedie degli equivoci, fondate sull’intrigo domestico e su un abile tratto nella psicologia dei personaggi. In realtà ad li là dell’apparente chiusura spaziale (l’ambiente domestico) e tematica (la repressione sociale), colpisce per la sottigliezza della scrittura e per la straordinaria modernità di alcuni temi (per esempio l’idea del linguaggio come inganno e della lettura come complessa interpretazione).

martedì 15 dicembre 2009

Buon Compleanno Joe D'Amato (15/12/1936)





Nota:

Discutere della sterminata e variegata filmografia di Aristide Massaccesi sarebbe operazione assai temeraria per un semplice post che vuole ricordarlo e menzionarne la straordinaria vitalità e capacità di realizzazione. Adorato dagli orrorofili e dagli amanti del porno alla stessa maniera attualmente è onorato di un festival (Joe D’Amato Horror Festival) a lui dedicato a Marina di Pietrasanta. L'hanno definito l'Ed Wood italiano, ma il nostro Joe D'Amato sfugge a qualsiasi connotazione e la sua scomparsa ha lasciato un vuoto incolmabile nel mondo del cinema di genere italiano.

«Il re dei B-Movie italiani. Un regista che ha potuto contare solo sulla sua astuzia, sulla sua maestria nell'uso della cinepresa e sulla sua determinata forza per creare dei film che sono al limite del convincimento, ma che visivamente sono un bel vedere, almeno per gli amanti del genere. E infatti "genere" è una parola che ritorna spesso nella sua filmografia. Il genere maschile e femmine che ha saputo miscelare in ogni sua pellicola: da calde donne dalla pelle d'ebano (le sue predilette) a mascolini machi testosteronici che avevano tutto da dimostrare, soprattutto di fronte all'obiettivo e al suo occhio. Ma soprattutto, il passaggio da un genere all'altro, dall'horror alla commedia scollacciata decameronesca, dai western spaghetti alle pellicole erotiche, dai film di guerra all'hard, che sarà la sua specialità, il cosiddetto "marchio di fabbrica" per gran parte della sua carriera costellata da decine e decine di realizzazioni, diventando un vero e proprio mito per il pubblico a luci rosse, tanto da essere definito "Il Re del Porno Italiano".»

Fabio Secchi Frau

lunedì 14 dicembre 2009

Buon Compleanno Paul Éluard (14/12/1895)




«Il poeta è sempre un “resistente”, egli è colui che resiste a quel che non vuole fare, sia che il padre gli voglia imporre un mestiere o la Classe dirigente un contenuto a lui estraneo. Beninteso, il poeta non fa quel che vuole, ma quello che può. È determinato da tutte le circostanze. Ma è al tempo stesso, appunto per questo, l'uomo più libero e l'uomo meno libero. E veramente non esiste poesia che non sia di circostanza. In questo senso non c'è differenza fra la mia opera poetica precedente a quella della “resistenza” e quest’ultima.»



«Non esiste Arte Popolare nel mondo borghese. E non può esistere finché esista una Classe di padroni. La poesia, è vero, precede. Ma questo non vuol dire che si debba negare la tristezza, la tragedia e la melanconia ai poeti. L'attitudine amara e disperata del poeta ha origine dal fatto che gli uomini non lo seguono nel suo sforzo verso una realtà migliore. Egli ha tristemente coscienza di parlare per troppo pochi uomini, e giunge fino a compiacersi della propria disperazione. Allora egli è solo l'immagine sublime della miseria del suo tempo...»



«La rivolta sta alla Rivoluzione come il sentimento iniziale sta a quella “raison ardente” di cui parlò Apollinaire, che è la sola ragion ragionante e insieme la sola poesia. Il sentimento (come la rivolta) è un primo momento, assurdo e sublime. Bisogna ripeterlo a quanti, oggi, parlano di rivolta. Il sentimento da solo non si fa carne: e la poesia è rivoluzione, non rivolta; è logica. Essa ha per scopo la verità pratica. Per questo io difendo il diritto dei poeti a contraddirsi. Non si parli qui di diritto all'errore. Il solo errore valido è quello che avviene in presenza e in coscienza della verità. Per questo il diritto della contraddizione è necessario all'esercizio della logica dialettica.»

Da un'intervista a cura di Franco Fortini


Nota

Paul Grindel (sarà Éluard solo dal 1916 in poi) partecipa alle più importanti avanguardie di primo Novecento assistendo al canto del cigno del movimento dadaista e inserendosi nel nascente surrealismo, di cui diventerà uno dei massimi cantori. Collabora, tra gli altri, con André Breton, scriveranno assieme lo splendido L'immacolata concezione, con Max Ernst che illustrerà Au défaut du silence e con Giorgio De Chirico che realizzerà il frontespizio di Défense de Savoir. Particolare oggetto di attenzione sarà il suo rapporto con la realtà politica del movimento surrealista, che da sempre su posizioni marxiste uscirà dall'ombra sovietica nel 1936 all'inizio dei processi farsa di Mosca (il cosiddetto “processo dei sedici”). La profonda amicizia di André Breton con Lev Trotsky testimonierà le affinità tra il movimento artistico e l’opposizione allo stalinismo che in Unione Sovietica e nel mondo prendeva piede sotto la bandiera del trotzkismo. Éluard non sottoscriverà il manifesto di protesta surrealista per l'inizio dei processi farsa di Mosca ma rientrerà nel 1942 nel Partito Comunista dove darà il suo contributo nella lotta clandestina. Della sua poesia consigliò di apprezzarla come si legge il giornale, come “notizie dal mondo”, riportando i giudizi che della sua opera avevano dato Aragon e Paulhan.

domenica 13 dicembre 2009

Buon Compleanno Heinrich Heine (13/12/1797)





Sei come un fiore
Sei come un fiore
Così graziosa e bella e pura;
io ti guardo, e la malinconia
si insinua nel mio cuore.

Mi sento come se dovessi
Porti le mani sul capo,
pregando che Dio ti mantenga
così pura e bella e graziosa.

(Libro dei canti, 1816 - 1827)

La fanciulla stava sulla spiaggia
La fanciulla stava sulla spiaggia
E lungamente, tristemente sospirava;
così profondamente la commuoveva
il tramontar del sole.

“Mia fanciulla, siate allegra,
Altro non è che una vecchia storia:
qui davanti il sole scende
per poi ritornare indietro.”

(Nuove poesie, 1837 - 1844)


Enfant perdu
Perduta la posizione nella guerra di liberazione,
sopportavo fedele da trent’anni.
Combattevo senza speranza ciò che vincevo,
giacché sapevo che mai sarei tornato sano a casa.

Vegliavo giorno e notte. Non potevo dormire,
come nella tenda dell’accampamento amico
(Mi teneva sveglio il forte russare di quei valorosi,
pure quand’ero un poco assopito).

In quelle notti la noia spesso
Mi coglieva, e anche la paura (solo gli sciocchi non hanno paura)
Di scacciarla; fischiettavo allora
Le insolenti rime di una satira.

Sì, stavo vigile, il fucile tra le braccia,
e se un qualche presunto pazzo si avvicinava,
allora sparavo bene e gli cacciavo una calda,
bollente pallottola nello stomaco infame.

A volte, certo, poteva accadere
Che un così brutto pazzo sapesse sparare
Altrettanto bene. – Ahimè, non posso negarlo –
Le ferite si aprivano, il mio sangue scorreva.

Una posizione è vacante! – Le ferite si aprono –
Uno cade, altri subentrano.
Così io cado imbattuto, e le mie armi
Non sono spezzate – Solo il mio cuore si spezzò.

(Romanzero, 1851)


“Sento in me tutta la dolce sofferenza di esistere, tutte le gioie e tutti i dolori del mondo sono miei, soffro per la salvezza di tutto il genere umano, ne sconto i peccati, ma me li godo anche.”

“La vita e il mondo sono il sogno di un Dio ebbro, che fugge silenzioso dal banchetto divino e va a dormire su una stella solitaria, ignorando che quando sogna crea... E le immagini di questo sogno si presentano, ora con una variegata stravaganza, ora armoniose e sensate... l'Iliade, Platone, la battaglia di Maratona, la Venere dei Medici, il Muster di Strasburgo, la rivoluzione francese, Hegel, le navi a vapore, sono pensieri che si sono staccati da quel lungo sogno. Ma un giorno il Dio si sveglierà sfregandosi gli occhi addormentati, sorriderà, e il nostro mondo sprofonderà nel nulla senza essere mai esistito...”

Impressioni di viaggio, 1826 – 1831


NOTA
«Si considera spesso Heine come ‘poeta della contraddizione’: nelle sue opere egli si dimostra infatti alquanto versatile. A volte è un romantico, a volte prende le distanze dal Romanticismo, criticando pungentemente certi atteggiamenti esageratamente sdolcinati; a volte è un acceso combattente per la libertà di espressione e di opinione, a volte è un appassionato ammiratore di Napoleone; a volte dimostra una profonda religiosità, a volte attacca con sarcasmo la religione, soprattutto l’atteggiamento ipocrita dei cosiddetti ‘Maulchristen’ (cristiani a parole).
Politicamente è un propugnatore della partecipazione della borghesia al potere, contro l’Assolutismo; ideologicamente era vicino al movimento ‘Junges Deutschland’.
Ma se da un lato Heine dimostra di capire i problemi dei proletari, dall’altro lato esprime una certa diffidenza nei confronti delle agitazioni proletarie.»
Luisa Martinelli Stelzer

«Sin dall’infanzia Heine soffriva di una ipersensibilità nervosa. Due anni dopo l’inizio del suo esili si manifestarono in lui sintomi di paralisi, e da allora il suo corpo mancò sempre più. Per otto anni fu totalmente paralizzato e costretto a letto. Ma con grandissima volontà continuò a scrivere, anche da malato, opere indimenticabili. Egli era, alla fine, cieco da un occhio e aveva nell’altro la palpebra paralizzata, così che doveva tenerla sollevata con la mano per poter scrivere. Eppure le sue ultime parole furono: “Carta…penna!”»
Annemarie Van Rinsum

Buon Compleanno Diego Rivera (13/12/1886)


Desnudo con alcatraces



Il sangue dei martiri rende fertile la terra


La noche de los pobres


La cena del capitalista



Nota:
famoso per la tematica sociale delle sue opere realizzate in gran parte in edifici pubblici (soprattutto nel centro storico di Città del Messico).
I suoi murales dipinti per più di quarant'anni con una foga e una dedizione totale tanto da rimanere incollato sui ponteggi anche per giorni, mangiando e dormendoci sopra, raccontano delle vicende del suo popolo, dei peones, della loro schiavitù passando per le antiche civiltà (dalla azteca alla zapoteca, alla totonaca, huasteca) avvalendosi di uno stile descrittivo-folkloristico, coniugando il vecchio e il nuovo, il moderno e l'antico con personaggi dai tratti sicuri, severi che vanno a formare gruppi compatti di forme, di volumi, di colore.
Realizzò numerose opere anche negli Stati Uniti in cui le sue tematiche comuniste provocarono molte polemiche sulla stampa. Ciò accadde in particolare con un murales del Rockefeller Center di New York raffigurante Lenin; murales che in seguito venne distrutto.
Ebbe numerose storie d’amore, seguite da altrettanti matrimoni, il più famoso dei quali con la pittrice Frida Kahlo.