venerdì 11 dicembre 2009

Buon Compleanno Aleksandr Isaevič Solženicyn (11/12/1918)




«Finché non sono venuto io stesso in occidente e ho passato due anni guardandomi intorno, non avevo mai immaginato come un estremo degrado in occidente abbia fatto un mondo senza volontà, un mondo gradualmente pietrificato di fronte al pericolo che deve affrontare... Tutti noi stiamo sull'orlo di un grande cataclisma storico, un'inondazione che ingoierà le civiltà e cambierà le epoche.»

Discorso alla BBC

«A cuor stretto mi ero astenuto per anni dal pubblicare questo libro (Arcipelago Gulag ndr): il dovere verso chi era ancora vivo prendeva il sopravvento su quello verso i morti. Ma oggi che la Sicurezza dello Stato ha comunque in mano l’opera, non mi rimane che pubblicarla immediatamente.»

Da uno scritto dell’autore nel settembre del 1973



Nota:
Unanimemente conosciuto per il suo lavoro Arcipelago Gulag la sua vita fu segnata dall’esperienza nei campi di lavoro sovietici. Nel 1945 gli fu infatti inflitta una condanna di otto anni di lavoro correzionale dall’NKVD a causa di una sua lettera inviata ad un amico in cui criticava l’operato di Stalin. Così visse dal 1945 al 1953la terribile esperienza del campo di lavoro di Karlag, nella provincia di Karaganda, dove, come egli stesso ammetterà successivamente, sarebbe diventato “scrittore”. Secondo l’autore russo il tempo dei “veri comunisti” si era dissolto con Lenin e adesso lo stalinismo era la deriva dello stato socialista e quindi lo stato totalitario.
«Lo scrittore Matuškin disse che l’Unione “riunisce i partigiani di una stessa idea, che seguono il realismo socialista”. In un tale luogo, “non c’è posto per Solženicyn”. Baranov chiariva come “del suo lavoro noi non sappiamo niente, non lo conosciamo”. Altri scrittori che presero la parola, puntarono il dito contro i primi romanzi di Solženicyn, Una giornata di Ivan Denisovič e La casa di Matrjona, accusati di non rientrare nell’ottica del realismo. Solženicyn tentò di difendersi, confutò la tesi per la quale non aveva informato l’Unione di Rjazan dei sui nuovi scritti, ma la rottura si rivelò insanabile. Il più grande scrittore russo vivente, venne così sacrificato dai propri colleghi in nome della ragion politica. In suo soccorso giunse la notizia, l’8 ottobre del 1970, della vittoria del Premio Nobel per la Letteratura. L’Accademia di Stoccolma lo insignì del massimo riconoscimento, “per la forza etica con la quale egli ha portato avanti l’indispensabile tradizione della letteratura russa”.»

Stefano De Luca, Instoria.it

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