sabato 19 dicembre 2009

Buon Compleanno Guido Gozzano (19/12/1883)




“L'Iddio che a tutto provvede
poteva farmi poeta
di fede; l'anima queta
avrebbe cantata la fede.

Mi è strano l'odore d'incenso:
ma pur ti perdono l'aiuto
che non mi desti, se penso
che avresti anche potuto,

invece di farmi gozzano
un po' scimunito, ma greggio,
farmi gabrieldannunziano:
sarebbe stato ben peggio!

Buon Dio, e puro conserva
questo mio stile che pare
lo stile d'uno scolare
corretto un po' da una serva.

Non ho nient'altro di bello
al mondo, fra crucci e malanni!
M'è come un minore fratello,
un altro gozzano: a tre anni.

Gli devo le ore di gaudi
più dolci! Lo tengo vicino;
non cedo per tutte Le Laudi
quest'altro gozzano bambino!

Gli prendo le piccole dita, 25
gli faccio vedere pel mondo
la cosa che dicono Mondo,
la cosa che dicono Vita...”

(L’altro da Rime Sparse)


”Non vissi. Muto sulle mute carte
ritrassi lui, meravigliando spesso.
Non vivo. Solo, gelido, in disparte,

sorrido e guardo vivere me stesso.”

(da I colloqui)



Nota:

Il poeta delle <> non può essere considerato solo come veicolante di una poesia-ponte tra gli eccessi dannunziani e quella che verrà definita successivamente come linea novecentista dallo stesso Pasolini. Gozzano, nato da una famiglia di medici, si relega da solo a una poesia che vive un rapporto simbiotico e sofferto con la realtà. La malattia e la morte sono i temi ricorrenti di tutta la sua produzione e si nascondono dietro facili rime, ritmi simili a filastrocche e poemetti narrativi di cui è possibile persino raccontare “la trama”. Il crepuscolarismo trova in lui il massimo esponente, autore di una poesia che è, allo stesso tempo, tramonto della figura del poeta-vate e alba di un nuovo modo di scrivere in cui il punto di partenza sono le stesse debolezze dell’io lirico, il suo essere “malato immaginario” come lo accusa ingenuamente la Signorina Felicita (ovvero la Felicità). Una malattia ideologica che Gozzano condivide in tutto e per tutto con la letteratura decadente, ma anche fisiologica dal momento che l'aggravarsi della tisi condurrà il poeta alla morte a soli trentadue anni, nel 1916.

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