giovedì 31 dicembre 2009

Buon Compleanno Giovanni Pascoli (31/12/1885)


«È dentro noi un fanciullino che non solo ha brividi, come credeva Cebes Tebano che primo in sé lo scoperse, ma lagrime ancora e tripudi suoi. Quando la nostra età è tuttavia tenera, egli confonde la sua voce con la nostra, e dei due fanciulli che ruzzano e contendono tra loro, e, insieme sempre, temono sperano godono piangono, si sente un palpito solo, uno strillare e un guaire solo. Ma quindi noi cresciamo, ed egli resta piccolo; [...]E se uno avesse a dipingere Omero, lo dovrebbe figurare vecchio e cieco, condotto per mano da un fanciullino, che parlasse sempre guardando torno torno. Da un fanciullino o da una fanciulla: dal dio o dall'iddia: dal dio che sementò nei precordi di Femio quelle tante canzoni, o dell'iddia cui si rivolge il cieco aedo di Achille e di Odisseo »

(da Il Fanciullino)



«Tu sei ancora in presenza del mondo novello, e adoperi a significarlo la novella parola. Il mondo nasce per ognun che nasce al mondo. E in ciò è il mistero della tua essenza e della tua funzione. Tu sei antichissimo, o fanciullo! E vecchissimo è il mondo che tu vedi nuovamente! E primitivo il ritmo (non questo o quello, ma il ritmo in generale) col quale tu, in certo modo, lo culli o lo danzi! Come sono stolti quelli che vogliono ribellarsi o all'una o all'altra di queste due necessità, che paiono cozzare tra loro: veder nuovo e veder da antico, e dire ciò che non s'è mai detto e dirlo come sempre si è detto e si dirà! »

(da Il Fanciullino)


«Il poeta è poeta, non oratore o predicatore, non filosofo, non istorico, non maestro, non tribuno o demagogo, non uomo di stato o di corte. E nemmeno è, sia con pace del maestro, un artiere che foggi spada e scudi e vomeri; e nemmeno, con pace di tanti altri, un artista che nielli e ceselli l'oro che altri gli porga. A costituire il poeta vale infinitamente più il suo sentimento e la sua visione, che il modo col quale agli altri trasmette l'uno e l'altra. Egli, anzi, quando li trasmette, pur essendo in cospetto d'un pubblico, parla piuttosto tra sé, che a quello. Del pubblico, non pare che si accorga. Parla forte (ma non tanto!) più per udir meglio esso, che per farsi intendere da altrui.»

(da Il Fanciullino)



Nota

Giovanni Pascoli è uno dei poeti italiani più conosciuti: le sue poesie sono note a tutti, fin dall'età dell'infanzia. Questo ha portato a sottovalutare il messaggio pascoliano e la poetica che sta dietro alle sue onomatopee e rime facili. Nato durante la metà del XIX secolo, la sua formazione si costruisce a Bologna, dove, allievo di Carducci, si consacra al classicismo e a un tipo di critica letteraria che va a braccetto con il positivismo. (Famosa la critica che lui stesso muove a Leopardi per il verso scientificamente errato “quel mazzolin di rose e viole”) Ai margini degli studi veri e propri Pascoli recepisce gli echi del mito dell'infanzia di Rousseau. Figlio del suo tempo, è un poeta dalla sensibilità decadente che esaspera la propria vicenda personale utilizzandola in tutta la sua opera, rinnovando così la poesia, inserendo temi fino a quel momento trascurati. L'utilizzo di un linguaggio pregrammaticale (Contini) rappresenta la volontà di attingere all'ignoto. Il fanciullino, e quindi la poesia stessa, non è altro che un modo per esorcizzare la morte. Dietro il mito del “nido” che tutti crediamo di conoscere quando parliamo di Pascoli, c'è un significato molto più profondo e complicato di quanto si possa credere.


(rb)

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